lunedì 15 dicembre 2014

La sperimentazione del liceo breve al "Flacco" di Bari: innovazione o riduzionismo?

Il Liceo Classico “Flacco” di Bari è fra le pochissime scuole italiane ad aver avviato quest'anno la sperimentazione del liceo breve, su autorizzazione dell'ex ministro dell'Istruzione, Carrozza. Queste sperimentazioni, che riducono a quattro anni la durata del “superiore”, sono nate, come succede ormai troppo spesso, senza alcuna condivisione né a livello nazionale né locale con chi la scuola la vive e la rappresenta. Innanzitutto, la sperimentazione non ha ricevuto il parere, previsto dalla legge, del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (CNPI). Per questo motivo la FLC CGIL ha impugnato i decreti di avvio della sperimentazione e, lo scorso 16 settembre, il TAR Lazio ha accolto il ricorso dichiarando illegittimo il provvedimento.
L'11 dicembre scorso la FLC CGIL di Bari ha organizzato proprio presso il Liceo “Flacco” un incontro sull'argomento. Il dibattito è stato interessante e approfondito e ha visto gli interventi di esponenti della FLC nazionale, regionale e provinciale, nonché di docenti, studenti (la rappresentante provinciale dell'UDS) e genitori.
Quali sono le principali tesi a sostegno della sperimentazione? 


La durata quadriennale darebbe un vantaggio ai nostri ragazzi, che in Europa sarebbero tra gli ultimi ad inserirsi nel mondo lavorativo. Ci chiediamo a quale idea di educazione e formazione ci stiamo ispirando. Consideriamo la scuola un mero luogo di preparazione al lavoro o non, piuttosto, un presidio di formazione, convivenza civile, cultura, inclusione, legalità? Soprattutto l'indirizzo liceale rimane, nel panorama scolastico italiano, uno dei pochi luoghi in cui si riesca ancora a valorizzare la formazione globale dello studente, senza forzarne una precoce finalizzazione alla sola prospettiva lavorativa. Tra l'altro, solo il 50% dei sistemi formativi europei prevede una durata ridotta del percorso.
E' estremamente condivisibile l'altro perno di questa sperimentazione: l'idea che la didattica nella scuola italiana debba essere migliorata, implementando la laboratorialità, aprendosi a metodi più efficaci e più organici. E, proprio perché siamo convinti dell'importanza di questo tema, riteniamo imprescindibile che i processi di rinnovamento coinvolgano l'intero sistema scolastico. Bene la didattica laboratoriale, bene le compresenze, ma perché solo qui e ora, e perché non cominciare da quegli indirizzi (professionali e tecnici) e da quegli ordini di scuola (primaria su tutti) che istituzionalmente le prevedono e che, dal riordino della Gelmini in poi e soprattutto a Bari, ne hanno conosciuto una drastica riduzione con tutte le conseguenze del caso (riduzione del tempo scuola, della laboratorialità, della personalizzazione dell’offerta formativa)?
Tagliare un anno di scuola è ben più che una sperimentazione e rischia di costituire, invece, un salto nel buio, al quale non possiamo esporre degli studenti senza che un progetto di questa portata sia approfondito, discusso, condiviso. Il mancato parere del CNPI, il cui ruolo è stato progressivamente svuotato, non va accettato con una semplice presa d'atto. In sostituzione di un organismo che avrebbe potuto dare un contributo in termini pedagogici e didattici al dibattito sulla scuola, ora gli interlocutori più considerati sono la Fondazione Agnelli e la TreEllle. Dobbiamo tornare a pretendere che gli addetti ai lavori e i loro rappresentanti abbiano spazi istituzionali di ascolto.
Quale sarà il carico di aspettative che peserà sugli studenti selezionati alla frequenza (i BES sono esclusi dal novero?) e sui loro docenti (anche loro selezionati? In base a quale criterio e con quali modalità?). Un indirizzo di liceo che basa la sua ragion d'essere sulla durata abbreviata non potrà che esasperare la discussione sulla bocciatura, traducendosi, a seconda delle scelte della politica d'Istituto, o in una pressione ansiogena sugli studenti e sulle loro prestazioni o in un condizionamento delle scelte valutative dei docenti. Il rischio, insomma, senza una ponderata riflessione preliminare (che si è già persa l'occasione di operare), è di comprimere gli stessi standard del liceo quinquennale in quattro anni o di abbassarne la qualità.
Dopo la politica devastante della Gelmini, in una situazione in cui il MIUR è sempre e comunque “commissariato” dal MEF, non possiamo fidarci, non possiamo esimerci dal vigilare e criticare, quando è necessario.
La Gelmini sosteneva che gli studenti italiani stavano troppe ore a scuola e, infatti, ha ridotto gli orari (e le ore di laboratorio in primis). Adesso si dice che gli studenti stanno a scuola troppi anni. La sensazione è che, una volta di più, l'obiettivo sia il risparmio di risorse; infatti è facilmente intuibile come questi percorsi portino a drastiche riduzioni di docenti.
Insomma, siamo alle solite: tentiamo di tirare la coperta da ogni parte, di tenderla fino allo stremo e ogni volta, col fiato sospeso, stiamo lì a pensare: “Vediamo se resiste anche questa volta!”.
Lo ribadiamo: l'unico serio argomento su cui dibattere non è “quanto si sta a scuola”, ma “come”. Ed è su questo che dovrebbero riprendere la parola i collegi dei docenti, le associazioni di categoria, i sindacati, gli studenti e le loro famiglie; tutto un mondo che ha a cuore l'istruzione pubblica e statale italiana e che non vede l'ora di essere coinvolta. Dei processi autoritari, dei tagli, della propaganda, ci siamo stancati.
Proprio per questo la nostra organizzazione continuerà ad opporsi all’ennesima picconata che, per vie sperimentali, si tenta di portare all’ordinamento scolastico, non solo seguendo da vicino il contenzioso; torneremo costantemente a verificare che il rispetto delle norme e delle sentenze, il coinvolgimento dei soggetti istituzionali e il dibattito professionale e pubblico su questa vicenda non siano meri adempimenti formali, come finora accaduto.

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