Alla fine di ogni anno scolastico si presenta puntualmente
lo stesso problema. Alcuni Istituti scolastici di Bari e provincia pubblicano
circolari nelle quali si obbligano i docenti ad espletare un orario di servizio
giornaliero oltre il termine delle lezioni. Per svolgere quali mansioni? Riunioni e gruppi di lavoro, riordino
dei materiali e delle aule, dipartimenti ecc., sfociando, spesso, in compiti che non
appartengono al profilo professionale del docente.
Ma cosa dice la normativa vigente (spesso
ignorata, volutamente o meno)? Bisogna far
riferimento agli artt. 28 e 29 del CCNL del 29 novembre 2007, tuttora in vigore. L’orario di servizio del docente è
strettamente legato all’attività di insegnamento. Pertanto, nei periodi in cui gli studenti non sono
presenti (inizio anno scolastico, fine anno scolastico, sospensioni delle
lezioni) il docente non ha obblighi di servizio né, tantomeno, un orario da
rispettare. Altra cosa sono le ore
funzionali all’insegnamento: queste sono individuali (correzione compiti,
preparazione lezioni ecc.) e collegiali (fino a 40 ore fra collegi e attività
di programmazione/verifica, e fino a 40 ore per i consigli di classe). Si
aggiungono, ovviamente, gli obblighi relativi ad esami e scrutini.
Ora, se l’attività di insegnamento si svolge “nell’ambito del calendario
scolastico delle lezioni definito a livello regionale”, le attività funzionali
sono invece stabilite dal piano annuale delle
attività, che viene deliberato dal Collegio dei docenti all’inizio dell’anno scolastico.
Ne consegue che nulla può essere imposto al
di fuori di quanto già stabilito dal
piano annuale delle
attività (non già da decisioni collegiali tardive, né
da circolari tassative adottate unicamente dal capo d’istituto); tantomeno può
essere prevista una formale presenza a scuola, magari con obbligo di firma, in
assenza degli studenti secondo il monte-ore settimanale. I soli docenti delle
secondarie di secondo grado sono tenuti a “rimanere a disposizione” nei
giorni di svolgimento delle prove scritte degli esami di Stato.
Non tutti i Dirigenti Scolastici, a fronte delle nostre
osservazioni puntuali, hanno modificato le loro decisioni.
Ci chiediamo se non si tratti del solito
luogo comune sui docenti fannulloni, che
vanno obbligati ad andare a scuola anche quando, di fatto, la loro presenza è
motivata da incontri pretestuosi. E ci chiediamo, soprattutto, se sia
accettabile che gli stessi operatori della scuola possano avallare il sentire
comune, ignorando volutamente la
particolarità di una professione garantita (ancora) dal principio della libertà
di insegnamento e non parificabile ad un qualunque rapporto di lavoro
dipendente.
Le attività collegiali delle scuole sono utili e
auspicabili, ma devono essere il frutto di una programmazione condivisa e
funzionale, non un modo per “tenere i docenti a scuola”.
Una scuola che funziona
è una comunità educante in cui si concerta, si condividono obiettivi e
modalità, si agisce nell’alveo di norme vigenti e nel rispetto delle regole.
Aprire sacche di malcontento e assumere comportamenti impositivi, non
costituiscono una modalità positiva di conduzioni di un Istituto.
Nessun commento:
Posta un commento