Il
Liceo Classico “Flacco” di Bari è fra
le pochissime scuole italiane ad aver avviato quest'anno la
sperimentazione del liceo breve,
su autorizzazione dell'ex ministro dell'Istruzione, Carrozza. Queste
sperimentazioni, che riducono a quattro anni la durata del
“superiore”, sono nate, come succede ormai troppo spesso, senza
alcuna condivisione né a livello nazionale né locale con chi la
scuola la vive e la rappresenta.
Innanzitutto, la sperimentazione non ha ricevuto il parere, previsto
dalla legge, del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione
(CNPI). Per questo motivo la
FLC CGIL ha impugnato i decreti di avvio della sperimentazione e, lo
scorso 16 settembre, il TAR
Lazio
ha accolto il ricorso dichiarando illegittimo il provvedimento.
L'11
dicembre scorso la FLC CGIL di Bari ha organizzato proprio presso il
Liceo “Flacco” un incontro
sull'argomento. Il dibattito è stato interessante e approfondito e
ha visto gli interventi di esponenti della FLC nazionale, regionale e
provinciale, nonché di docenti, studenti (la rappresentante
provinciale dell'UDS) e genitori.
Quali
sono le principali tesi a sostegno della sperimentazione?
La durata
quadriennale darebbe un vantaggio ai nostri ragazzi, che in Europa
sarebbero tra gli ultimi ad inserirsi nel mondo lavorativo. Ci
chiediamo a quale idea di educazione e formazione ci stiamo
ispirando. Consideriamo la scuola un mero
luogo di preparazione al lavoro
o non, piuttosto, un presidio di formazione, convivenza civile,
cultura, inclusione, legalità? Soprattutto l'indirizzo liceale
rimane, nel panorama scolastico italiano, uno dei pochi luoghi in cui
si riesca ancora a valorizzare la formazione globale dello studente,
senza forzarne una precoce finalizzazione alla sola prospettiva
lavorativa. Tra l'altro, solo il 50% dei sistemi formativi europei
prevede una durata ridotta del percorso.
E'
estremamente condivisibile l'altro perno di questa sperimentazione:
l'idea che la didattica nella scuola italiana debba essere
migliorata, implementando la laboratorialità,
aprendosi a metodi più efficaci e più organici. E, proprio perché
siamo convinti dell'importanza di questo tema, riteniamo
imprescindibile che i processi di rinnovamento coinvolgano l'intero
sistema scolastico. Bene la didattica laboratoriale, bene le
compresenze, ma perché solo qui e ora, e perché
non cominciare da quegli indirizzi (professionali e tecnici) e da
quegli ordini di scuola (primaria su tutti) che istituzionalmente le
prevedono e che, dal riordino della Gelmini
in poi e soprattutto a Bari, ne hanno conosciuto una drastica
riduzione con tutte le conseguenze del caso (riduzione del tempo
scuola, della laboratorialità, della personalizzazione dell’offerta
formativa)?
Tagliare
un anno di scuola è ben più che una sperimentazione e rischia di
costituire, invece, un salto
nel buio,
al quale non possiamo esporre degli studenti senza che un progetto di
questa portata sia approfondito, discusso, condiviso. Il mancato
parere del CNPI,
il cui ruolo è stato progressivamente svuotato, non va accettato con
una semplice presa d'atto. In sostituzione di un organismo che
avrebbe potuto dare un contributo in termini pedagogici e didattici
al dibattito sulla scuola, ora gli interlocutori più considerati
sono la Fondazione
Agnelli
e la TreEllle.
Dobbiamo tornare a pretendere che gli addetti ai lavori e i loro
rappresentanti abbiano spazi istituzionali di ascolto.
Quale
sarà il carico
di aspettative che
peserà sugli studenti selezionati alla frequenza (i BES
sono esclusi dal novero?) e sui loro docenti (anche loro selezionati?
In base a quale criterio e con quali modalità?). Un indirizzo di
liceo che basa la sua ragion d'essere sulla durata abbreviata non
potrà che esasperare la discussione sulla bocciatura, traducendosi,
a seconda delle scelte della politica d'Istituto, o in una pressione
ansiogena sugli studenti e sulle loro prestazioni o in un
condizionamento delle scelte valutative dei docenti. Il rischio,
insomma, senza una ponderata riflessione preliminare (che si è già
persa l'occasione di operare), è di comprimere gli stessi standard
del liceo quinquennale in quattro anni o di abbassarne la qualità.
Dopo
la politica devastante della Gelmini, in una situazione in cui il
MIUR è
sempre e comunque “commissariato” dal MEF,
non possiamo fidarci, non possiamo esimerci dal vigilare e criticare,
quando è necessario.
La
Gelmini sosteneva che gli studenti italiani stavano troppe ore a
scuola e, infatti, ha ridotto gli orari (e le ore di laboratorio in
primis).
Adesso
si dice che gli studenti stanno a scuola troppi anni.
La sensazione è che, una volta di più, l'obiettivo sia il risparmio
di risorse;
infatti è facilmente intuibile come questi percorsi portino a
drastiche riduzioni di docenti.
Insomma,
siamo alle solite: tentiamo di tirare
la coperta da ogni parte,
di tenderla fino allo stremo e ogni volta, col fiato sospeso, stiamo
lì a pensare: “Vediamo se resiste anche questa volta!”.
Lo
ribadiamo: l'unico serio argomento su cui dibattere non
è “quanto si sta a scuola”, ma “come”.
Ed è su questo che dovrebbero riprendere la parola i collegi dei
docenti, le associazioni di categoria, i sindacati, gli studenti e le
loro famiglie; tutto un mondo che ha a cuore l'istruzione pubblica e
statale italiana e che non vede l'ora di essere coinvolta. Dei
processi autoritari, dei tagli, della propaganda, ci siamo stancati.
Proprio
per questo la nostra organizzazione continuerà ad opporsi
all’ennesima
picconata
che, per vie sperimentali, si tenta di portare all’ordinamento
scolastico, non solo seguendo da vicino il contenzioso; torneremo
costantemente a verificare che il rispetto delle norme e delle
sentenze, il coinvolgimento dei soggetti istituzionali e il dibattito
professionale e pubblico su questa vicenda non siano meri adempimenti
formali, come finora accaduto.
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